Leucòsia e Punta Licosa: la sirena che diede il nome al promontorio
Il mito racconta che le sirene — quelle che tentarono di ammaliare Ulisse — fossero tre, e una di loro si chiamava Leucòsia. Dopo il fallimento, il suo corpo sarebbe approdato su uno scoglio a sud di Castellabate. Là dove la leggenda posa l’ultimo respiro della creatura nasce il toponimo Licosa, che per assonanza conserva il suono della protagonista. È una storia di mare, vento e naufragi simbolici: il confine tra l’attrazione del canto e la fedeltà al proprio viaggio.
Punta Licosa, oggi, è un piccolo santuario naturale: profilo basso, pini marittimi che s’inarcano alla brezza, acqua trasparente, fondali di posidonia e scogliere chiare. Un faro bianco sorveglia l’isolotto, come a prendere il posto della sirena, trasformando il pericolo in guida. Camminando tra i sentieri costieri, il mito sembra ancora muovere l’aria: ogni onda ha una cadenza, ogni cambio di luce una promessa.
Il bello di una leggenda così antica è che non pretende verifiche: chiede ascolto. Forse la forza del racconto sta proprio nel suo legarsi a un gesto quotidiano — navigare, camminare lungo riva, riconoscere un profilo all’orizzonte — e nel trasformarlo in rito di passaggio. Licosa diventa allora un luogo “iniziatico”: ci vai per misurare la tua rotta, per capire cosa ti chiama e cosa lasci andare.
Per chi viaggia nel Cilento lento, Punta Licosa offre silenzi rumorosi di cicale d’estate, lunghe strisce di luce in inverno, la salinità che rimane sulle dita. Non serve molto: scarpe comode, rispetto per la vegetazione, tempo.

Spunti per l’ospite
Da Valle dei Mulini House scendi verso Castellabate e prosegui per Licosa: scegli le ore morbide (mattino presto o tardo pomeriggio). Cammina fino al punto più vicino all’isolotto e fermati a guardare il faro: se ti va, porta con te un piccolo taccuino e scrivi la “tua” rotta, come antidoto al canto delle distrazioni.